mercoledì 19 maggio 2010

bangkok,thailandia

La situazione in thailandia sta precipitando.
Amnesty International ha chiesto all'esercito thailandese di porre immediatamente fine all'uso della forza letale nei confronti delle manifestazioni antigovernative in corso nella capitale Bangkok.
Dal 13 maggio, quando il governo ha dato inizio all' "Operazione Rachaprasong", i soldati hanno sparato con proiettili letali e di gomma, uccidendo almeno 35 persone prive di armi: tra queste, due medici che indossano delle uniformi bianche con una croce rossa ben visibile, colpiti il 15 e il 16 maggio, e un ragazzo di 15 anni, ucciso il 15 maggio ed anche una vittima italiana, Fabio Polenghi, fotoreporter milanese di 48 anni, colpito all'addome da un proiettile. I feriti sono stati oltre 200, tra cui diversi giornalisti locali e stranieri e un ragazzo di 10 anni.

 Molti testimoni oculari hanno riferito ad Amnesty International di aver visto soldati sparare con fucili a lunga gittata a una distanza dalla quale le vittime non potevano rappresentare alcun pericolo.
 Il 14 maggio il colonnello dell'esercito thailandese Sansern Kaewkamnerd, a nome del Centro per la soluzione delle situazioni di emergenza, ha dichiarato che i soldati avrebbero dovuto mantenersi a distanza dai manifestanti e usare le munizioni per impedir loro di avvicinarsi, mirando sotto il ginocchio e sparando un colpo alla volta.
 Si tratta, secondo Amnesty International, di disposizioni inaccettabili ai sensi del diritto internazionale e degli standard internazionali, che prevedono che le armi da fuoco devono essere usate solo come ultima risorsa, quando una persona sospetta oppone resistenza armata o mette in pericolo la vita di altre persone e solo se misure meno estreme non siano risultate sufficienti a trattenerla o arrestarla. Al di là di evidenti situazioni di autodifesa, il controllo dell'ordine pubblico deve essere eseguito da personale di polizia formato che usa armi non letali e non da soldati dotati di munizioni letali.

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