venerdì 18 dicembre 2009

Alfred Elton van Vogt

In questi giorni sto leggendo "Crociera nell'infinito",devo dire un grande romanzo di fantascienza dello scrittore A.E.Vongt.Fantascienza pura,spaziale proprio come la stavo cercando da un pò di tempo:io grande lettore di romanzi di fantascienza,una volta aimè,non ho mai letto nesun romanzo di questo scrittore.Sto rimediando ed in suo onore publico la sua biografia tratta da Wikipedia.
Alfred Elton van Vogt (Winnipeg, 26 aprile 1912 – Los Angeles, 26 gennaio 2000) è stato uno scrittore statunitense di fantascienza.Figlio di un ammiraglio olandese, nasce in Canada dove vive fino all'inizio degli anni quaranta, quando si trasferisce a Los Angeles prendendo la cittadinanza statunitense.Nonostante la sua accanita lettura di riviste di fantascienza, ed in particolare di Amazing Stories, Van Vogt si avvicina (nel 1935)
all'attività di scrittore con racconti d'avventura e d'amore che vengono regolarmente pubblicati, sotto pseudonimi, su True Story. Realizza inoltre drammi radiofonici, e solo nel 1939 debutta nel mondo della
fantascienza con "Black Destroyer", apparso sul numero di luglio di Astounding Science-Fiction, racconto che ebbe un tale immediato e notevole successo da convincere l'autore a proseguire in tale genere.Nel 1950 Black Destroyer, insieme ad altri 3 racconti ("War of Nerves"(1950), "Discord in Scarlet" (1939) ed "M 33 in Andromeda" (1943), andrà a formare il famoso romanzo "The Voyage of the Space Beagle", noto in Italia con il titolo Crociera nell'infinito, una delle serie più acclamate della fantascienza dell'età d'oro che,con la sua crociera verso l'ignoto, avente per oggetto l'esplorazione di pianeti e galassie lontanissime, è ispirato alla famosa relazione L'origine delle specie che il naturalista Charles Darwin pubblicò al ritorno del suo viaggio intornoal mondo a bordo della nave Beagle. Su Astounding van Vogt continua a pubblicare per anni. Anche Slan, il suo romanzo più celebre, esce sulla stessa rivista nel 1940, scritto di notte mentre lavora allo United States Department of Defense. Slan rappresenta un notevole arricchimento per la fantascienza di quegli anni, ed introduce un elemento,quello dei superuomini, che costituirà un importante filo conduttore per molte altre opere di Van Vogt.
Dal 1941 decide di dedicarsi alla fantascienza a tempo pieno. Si dimette dallo U.S. Department of Defense ed iniziacosì, con "The Seesaw", uno dei suoi cicli di maggior successo, quello dei fabbricanti di armi (The Weapon Shops of Isher, 1941-1949). Nel 1944 legge, apprezzandola, Science and Sanity: an Introduction to Non-Aristotelian Systems and General Semantics dell'ingegnere polacco Alfred Korzybski. L'idea di una logica Non-aristotelica lo porta ad iniziare il ciclo del "Non-A" (1945-1985), considerato unanimemente come il suo capolavoro. Nel 1950 legge su Astoundingl'articolo Dianetics: the Modern Science of Mental Health di L. Ron Hubbard (altro importante scrittore di fantascienza di quegli anni). Van Vogt viene così a conoscenza di un metodo che promette di migliorare le facoltà mentali. Affascinato dall'idea comincia a prendere contatti con Hubbard, e negli anni successivi, a lavorare intensamente per la sua organizzazione. Il notevole interesse per le teorie di Korzybski ed Hubbard lo porta ad allontanarsi dalla fantascienza ed a impiegare ingenti risorse (fisiche ed economiche) in tali dottrine. In questi anni meno produttivi dal punto di vista letterario escono per lo più adattamenti di suoi racconti scritti in precedenza, tra i quali bisogna almeno ricordare I ribelli dei 50 soli (The Mixed Men, 1952), L'impero dell'atomo (Empire of the Atom, 1956), ispirato alle vicende e alla caduta dell'Impero Romano, The Beast (1963) e soprattutto La guerra contro
i Rull (The War Against the Rull, 1959), da molti considerato come il miglior romanzo d'avventura spaziale di Van Vogt, ma anche il meno unitario.Van Vogt riprende a scrivere solo nel 1963, soprattutto dietro l'interessamento e gli inviti di Frederik Pohl (alloradirettore di Galaxy), non riuscendo però più a raggiungere il medesimo livello qualitativo degli anni precedenti. Le storie di questo secondo periodo nascono, quasi tutte, direttamente come romanzi omogenei; dimostrano pertanto una maggiore coesione nello stile e nella trattazione tematica rispetto a quelle precedenti, ma allo stesso tempo risultano meno adeguate a tenere il passo con l'evoluzione della fantascienza, che è ormai molto diversa da quella degli anni quaranta. L'autore sembra ormai faticare a ritrovare la creatività e il guizzo geniale dei suoi romanzi giovanili e le sue ultime opere vengono accolte con commenti non molto positivi da parte della critica e dei lettori. Di questo periodo degno di nota è dunque soltanto The Silkie (1969).
Lo stile di Van Vogt è spesso confuso. Questo è principalmente dovuto al fatto che la maggior parte dei suoi romanzi altro non sono che fusioni di racconti scritti in precedenza. Nel 1945 Damon Knight scrive un articolo sulla fanzine Destiny's Child in cui attacca duramente lo stile di Van Vogt. Lo accusa di avere uno stile povero, goffo, inadatto; lo accusa di creare trame inconsistenti ed incoerenti che non reggono ad un esame attento e scrupoloso; ne denuncia la povertà intellettuale e l'incapacità tecnica. L'articolo terminava con un'espressione ormai divenuta famosa «come scrittore Van Vogt non è affatto un gigante come si dice: è soltanto un pigmeo che usa una gigantesca macchina da scrivere». Tutto vero? in parte. È forse vero che il nostro autore ha uno stile spesso confuso, ma non si può non ammirarne il notevole fascino, il sense of wonder che le sue opere trasmettono. Altri critici e scrittori infatti ammettono sentimenti contrastanti nei confronti di quest'autore: così Aldiss confessa che, pur negando la validità della tecnica di Van Vogt, non può non ammirare il fascino delle sue ciclopiche avventure, e Frederik Pohl gli dà atto di un virtuosismo non comune e di una grandiosità raggiunta con non indifferente bravura. Il giudizio più centrato di Van Vogt comunque l'ha forse dato Alexei Panshin: «molte delle sue storie, comprese quelle che ci colpiscono maggiormente, cadono in pezzi se vengono sottoposte ad un esame rigoroso. Il suo stile è rozzo: privo di
sensibilità, privo di grazia e spesso vago. I suoi intrecci sono complicati, ma quando alla fine tutto il turbine si
ferma, appaiono contraddittori. [...] i dettagli sono la debolezza di Van Vogt. [...] Ma chissà perché Van Vogt non cade immediatamente morto quando vengono così mostrati i suoi difetti. La sua forza è costituita dai simboli trascendenti».
La forza di Van Vogt sta effettivamente sì nel mettere le parole sulla carta alla meno peggio, ma anche nell'infondere nuove idee e colpi di scena continuamente, nel tentativo di mantenere un clima di suspense, di tensione dall'inizio alla fine del romanzo. Sta nello sviluppare la saga spaziale verso direzioni nuove, non ingenue, in cui s'inseriscono spesso considerazioni di ordine linguistico e filosofico non banali... e poi nel suo pensare in grande! Van Vogt sa scrivere soltanto di personaggi dai poteri immensi, di Superuomini, di astronavi lunghe otto chilometri, di mostri giganteschi. Nelle sue storie è sempre in gioco, come minimo, il destino di un Impero Galattico, se non dell'intera Umanità o addirittura dell'intero Universo. Van Vogt non riesce a pensare se non in termini megalomaniaci, sproporzionati di grandezza. È in questo modo che egli riesce ad aprire filoni di meraviglia e stupore nel lettore che altrimenti potrebbe trovare solo nell'amore o nei sogni.
Un altro elemento fondamentale dei contenuti delle storie del nostro autore sono le sue "mitologie scientifiche", cioè le scienze create da lui stesso, di volta in volta. In genere Van Vogt si rifà a teorie già esposte da altri pensatori e scienziati (ma spesso pseudo-scienziati) del nostro tempo, a cui tuttavia dà interpretazioni del tutto personali.
Nascono così: la Teoria dell'Universo Ombra di "The Universe Maker" (1953), il Sistema Bates per il Rafforzamento della Vista che sta alla base di "Siege of Unseen" (1959), il Connettivismo di "The Voyage of the Space Beagle", il Callidetico e l'Uomo-No di "The Weapon Shops of Isher", la De-Differenziazione e la Totipotenza delle Cellule del Corpo Umano di "The Beast", ed ovviamente la celeberrima e controversa Logica Non-Aristotelica del "Non-A". Ma in alcuni casi egli stesso inventa dal nulla nuove leggi fisiche per uscire da situazioni particolarmente intricate. In Non-A, ad esempio, per spiegare la capacità del protagonista di teletrasportarsi in qualsiasi luogo dell'Universo, Van Vogt crea una Legge della Similarità dei Tre Punti che non ha alcun riscontro dal punto di vista scientifico.
(Bibliografia parziale)
• Il distruttore nero (Black Destroyer, 1939, confluito in Crociera nell'infinito, 1950)
• Il segreto degli Slan (Slan, 1940)
• La cripta della bestia (Vault of the Beast, 1940)
• Il libro di Ptah (The Book of Ptath, 1943)
• Destinazione Centauro (Far Centaurus, 1944)
• Il mondo del Non-a o Anno 2650 (The World of Ā o The World of Null-A, 1945)
• L'occhio dell'infinito (The Cronicler, 1946)
• Hedrock l'immortale (The Weapon Makers, 1947)
• Caro corrispondente (Dear Pen Pal, 1949)
• La casa senza tempo (The House That Stood Still, 1950)
• Crociera nell'infinito (The Voyage of the Space Beagle, 1950)
• Le armi di Isher (The Weapon Shops of Isher, 1951; da tre racconti pubblicati nel 1941, 1942 e 1949)
• I ribelli dei 50 soli (The Mixed Men, 1952)
• Gli uomini ombra (Universe Maker, 1953)
• Pianeti da vendere (Planets For Sale, 1954; in collaborazione con sua moglie Edna Mayne Hull)
• Gli schiavi del Non-a (The Pawns of Null-A, conosciuto anche come The Players of Null-A, 1956)
• Il cervello trappola (The Mind Cage, 1957)
• L'impero dell'atomo (Empire of the Atom, 1957)
• La guerra contro i Rull (The War against the Rull, 1959)
• Lo stregone di Linn (The Wizard of Linn, 1962)
• Creature (Monsters, 1965), antologia
• I polimorfi (The Silkie, 1969)
• Reflections of A.E. Van Vogt (1975), autobiografia
• Mente suprema (Supermind, 1977)
• I cavalieri delle stelle (Star Raiders, 1977)
• Non-a 3 (Null-A Three, 1985)

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