L’articolo del New York Times.
Tra i tanti penosi dettagli dell’ultima ondata di scandali per gli abusi sessuali nella chiesa cattolica, uno è particolarmente emblematico. Apre una minuscola finestra sulla mentalità dei dirigenti ecclesiastici e fornisce uno scorcio illuminante su cosa non ha funzionato.
Risale al 1975, quando il reverendo Sean Brady, oggi cardinale e primate della chiesa cattolica in Irlanda, si prendeva cura di due ragazzi che erano stati molestati da un sacerdote. Brady non riferì l’accaduto alle autorità perché, ha spiegato, era convinto che la chiesa non lo avrebbe voluto. I due ragazzi, uno di 14 anni e l’altro di dieci, furono costretti a firmare un impegno a non denunciare i fatti.
È difficile che quell’impegno li abbia aiutati a superare il trauma delle violenze, e probabilmente né il cardinale né altri nella chiesa s’interessarono alle conseguenze psicologiche di quel che subirono i ragazzi. Sicuramente il silenzio non ha salvato altre vittime dalle molestie di quel sacerdote.
Ma l’impegno serviva a uno scopo e indicava una priorità: isolare la chiesa dalle interferenze e dalle condanne esterne. E riassumeva l’atteggiamento difensivo del Vaticano nei confronti del mondo laico. La sostanziale e deliberata separazione della chiesa dalla società laica – per come vede la sua missione, protegge se stessa e interpreta gli errori umani – spiega in larga misura la risposta (o la mancanza di risposta) dei dirigenti ecclesiastici allo scandalo degli abusi sessuali sui bambini.
Molto spesso la chiesa ha cercato di far rientrare i suoi uomini nei ranghi con strumenti interni, soprattutto per una paura delle persecuzioni radicata nella sua stessa genesi, alimentata dalla sua storia ed evocata dal suo simbolo supremo: la crocefissione del Cristo.
La sindrome dell’accerchiamento
I nemici della chiesa esistono, senza dubbio. E quindi esiste anche un impulso a proteggerla che può scavalcare tutto il resto e portare al decreto di Joseph Ratzinger del 2001: quando era prefetto della Congregazione vaticana per la dottrina della fede, il cardinale Ratzinger esortò i vescovi a riferire i casi di abuso direttamente al Vaticano ma non li incoraggiò a denunciarli alla polizia. Questo tipo di reazione apre la strada a nuove possibilità di commettere abusi, e agli abusi seriali.
Nel mondo laico, le molestie a un bambino sono considerate un crimine, e le scuse più sentite e sincere non bastano a evitare il carcere. Nella chiesa cattolica, invece, sono trattate come un peccato da confessare e poi, con la grazia di Dio, da perdonare. La penitenza può tranquillamente sostituire la punizione. È una delle cose belle della fede, e la furia di giornalisti e pubblici ministeri può apparire un’aggressione a questa prerogativa.
David J. O’Brien, un professore dell’università di Dayton specializzato in storia cattolica, osserva che la chiesa si è sentita così spesso sotto assedio e in contrasto con il mondo circostante che negli anni sessanta, quando sembrò ammorbidirsi con le riforme del Concilio Vaticano II , “uscì un curioso articolo che chiedeva: come faremo adesso senza nemici? Non sapremo più chi siamo perché ci siamo sempre definiti al di sopra degli altri e contro di loro”.
L’Europa, il continente che ospita il Vaticano e ha dato i natali a tutti i papi dell’era moderna, ha una lunga storia di anticlericalismo anche violento, dalla rivoluzione francese ai governi comunisti e totalitari nei primi decenni del novecento.
Negli Stati Uniti la chiesa cattolica a volte è stata considerata come una religione di minoranza per gli immigrati e la classe operaia. Quando John F. Kennedy si candidò alla presidenza, nel 1960, il fatto che fosse cattolico fu giudicato un punto debole. Per di più, come osserva il reverendo Thomas J. Reese, docente del Woodstock theological center di Washington, gli insegnamenti cattolici sull’omosessualità, la contraccezione e l’aborto, insieme all’insistenza della chiesa su un clero esclusivamente maschile, la mettono in conflitto con i valori di molti americani che, secondo certi dirigenti ecclesiastici, sono pronti a sfruttare qualunque difficoltà all’interno della chiesa per indebolirla.
Questo timore trapela nel linguaggio usato negli anni novanta dall’arcivescovo di Milwaukee, Rambert Weakland, quando cercava di convincere i funzionari del Vaticano a ridurre allo stato laicale un sacerdote che aveva abusato di decine di bambini sordomuti. In una lettera in cui difendeva la sua tesi Weakland avvertì: “Nel futuro sembra molto probabile un vero scandalo”. In una lettera successiva, espresse la speranza di “evitare un’indebita pubblicità che sarebbe negativa per la chiesa”.
Il boomerang Vaticano
Un editoriale non firmato uscito il 25 marzo 2010 sull’Osservatore Romano rivela ancora meglio la diffidenza della chiesa nei confronti dei critici laici. L’editoriale dice che Benedetto XVI ha sempre gestito i casi di abuso con “trasparenza, fermezza e severità” e accusa i mezzi d’informazione di agire con “l’evidente e ignobile intento di arrivare a colpire, a ogni costo, Benedetto XVI e i suoi più stretti collaboratori”.
Nei casi di abusi in Germania, in Irlanda, negli Stati Uniti e in altri paesi, la decisione dei funzionari della chiesa di non informare la polizia e la magistratura e di non condurre inchieste pubbliche e trasparenti non è stata dettata solo dalla volontà di proteggere i sacerdoti.
È stata motivata soprattutto dalla convinzione che dare ai laici un’arma da usare contro la chiesa avrebbe messo a rischio il suo prezioso lavoro. In parte per questo, e in parte per la sua resistenza a cedere alle aspettative laiche, il Vaticano non ha fatto quello che una grande azienda o un governo nella stessa situazione si sarebbero sentiti costretti a fare. Il cardinale Brady non è stato privato della sua carica. E nella lettera di scuse al popolo d’Irlanda, il papa non ha invocato, o specificato, misure disciplinari contro i dirigenti ecclesiastici che hanno insabbiato gli abusi.
Ma quando un’istituzione alza le barricate contro le minacce esterne, è in grado poi di affrontare le minacce interne?
Lo scandalo degli abusi sessuali sui bambini fa pensare che l’atteggiamento difensivo della chiesa possa alla fine ritorcersi conto di essa.-Frank Bruni, New York Times. (traduzione di Giuseppina Cavallo)
fonte:internazionale
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