Secondo l'ONU il numero di persone colpite da catastrofi naturali è più che raddoppiato negli ultimi anni. Lo studio, che è stato rilasciato il secondo giorno della Conferenza sul cambiamento climatico a Copenaghen, stima che tra 25 milioni e un miliardo di persone potrebbero essere cacciati dalle loro case per i prossimi quattro decenni, ma solo pochi di questi rifugiati "climatici" sarebbero in grado di lasciare i loro paesi a causa della mancanza di mezzi e la capacità di viaggiare in luoghi più ricchi. Potenziali punti caldi per le migrazioni internazionali sono già stati identificati. Questi sono i paesi che hanno alti tassi di emigrazione, con enormi sfide socio-economiche. Essi comprendono l'Afghanistan, Bangladesh, la maggior parte del Centro America, dell'Africa occidentale e diversi paesi del sud est asiatico.
Sul piano pratico, dal Protocollo di Kyoto (1997) a oggi, quanti degli obiettivi fissati per ridurre le emissioni di gas a effetto serra sono stati raggiunti?
Antonello Pasini, esperto di cambiamenti climatici dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr spiega:
Innanzitutto, va precisato che Kyoto è stato fondamentalmente un atto di buona volontà dell’Occidente per dare il buon esempio sulla riduzione delle emissioni .Tra i firmatari occidentali, però, mancarono gli USA, che addirittura dal 1990 hanno aumentato le emissioni del 20%, mentre Russia e Australia hanno aderito solo nel 2005 e nel 2007. La ‘filosofia’ del Protocollo è la responsabilità comune differenziata, per cui il problema è globale ma chi ha contribuito di più alle emissioni deve ridurre in misura maggiore e per primo.
Peraltro, non tutti i paesi aderenti hanno rispettato gli impegni presi. I più virtuosi sono stati la Germania, (- 22%), l'Inghilterra(-17%) e la Francia (-6%). I più inefficienti, la Spagna (+54%), la Finlandia (+11%) e l’Italia (+7%)”. Fuori dal protocollo, sono poi rimasti Cina e India, cioè altri due dei maggiori ‘inquinatori’, Brasile e paesi in via di sviluppo, tra cui l’Africa che emette pochissimo ma è anche il continente più vulnerabile.
In questa situazione, Copenhagen è attesa come un appuntamento fondamentale, soprattutto dopo che Obama ha dichiarato che parteciperà al vertice, anticipando l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra del 17% in dieci anni. Una decisione importante in un momento di empasse in cui le forze centrifughe sembrano più forti di quelle di coesione, anche se negli ultimi giorni c’è stato un altro segnale positivo: la Cina ha deciso di diventare più efficiente, cioè di emettere meno CO2 per unità di Pil, Certo è che le riduzioni di cui parla il presidente americano sono relative al 2005: gli Usa tornerebbero dunque soltanto a valori di emissione simili a quelli del 1990, anno di riferimento.
fonti:ONU,CNR
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