Mentre il comitato Nobel e il mondo occidentale celebrava Liu "per la sua lunga e non violenta lotta per i diritti umani fondamentali in Cina" (l'enfasi sulla non violenza è stato l'escamotage per assegnargli un premio relativo alla pace), Pechino assegnava il neonato premio Confucio per la pace a Lien Chan, ex vicepresidente di Taiwan e leader onorario del Partito nazionalista, "per avere costruito un ponte di pace tra la Cina continentale e Taiwan".E' prima di tutto una scelta politico-strategica. Premiare un membro di spicco del Partito nazionalista, premiare Taiwan, significa ricomporre anche simbolicamente antichi conflitti, nel nome della nuova Cina che oltre a essere potenza economica globale intende esercitare il suo ascendente sull'intera Asia orientale.Ai cinesi interessa il Nobel occidentale ma vogliono avere voce in capitolo. Altrimenti fanno da soli. Cosa ancor più profonda e importante, il premio Confucio delimita un'area culturale: qui c'è la civiltà cinese, non abbiamo bisogno dei vostri valori se voi li sventolate contro di noi.Esplicitamente creata per "interpretare l'idea di pace secondo il popolo cinese", l'onorificenza si inserisce nel solco del boom di Confucio con cui - sotto forma di guoxue re o "febbre per gli studi nazionali" - il Dragone colma il vuoto lasciato dalla fine del maoismo.Ma cosa significa confucianesimo? In termini politici soprattutto due cose: merito e virtù.Daniel A. Bell, docente di filosofia politica all'università Tsinghua di Pechino, è un esperto in materia. Autore di "China's New Confucianism", studia da anni gli aspetti sia teorici sia concreti - cioè nella vita di tutti i giorni - del fenomeno.
Nello stesso Partito comunista - sostiene Bell - vige ormai un criterio meritocratico di selezione: si cooptano i più capaci, non i più fedeli alla linea. E' un esito del graduale passaggio generazionale dalla vecchia guardia maoista ai nuovi tecnocrati alla Hu Jintao.Intanto, nelle accademie - tra cui la stessa scuola del Partito - si elabora un'alternativa politica alla democrazia occidentale che però non significhi necessariamente autoritarismo.
Il succo del discorso è una critica ai meccanismi democratici come strumenti di esclusione. Per i riformatori neoconfuciani, il sistema "una persona, un voto" ha un grosso limite: implica un'idea di uguaglianza che si ferma ai confini nazionali e che non tutela le generazioni future. Io e i miei concittadini scegliamo qui e ora. Ma in un mondo sempre più globalizzato, in cui le politiche hanno effetti sul lungo periodo, le comunità dei cittadini, specialmente di grandi Paesi leader, finiscono per decidere anche per gli altri, siano essi stranieri o posteri.
Si pensi per esempio a quanti ritengono che alle elezioni presidenziali Usa dovrebbero votare i cittadini di tutto il mondo. Una provocazione? I pensatori cinesi la prendono molto sul serio.Il modo migliore per realizzare ideali politici "globali" è secondo questi studiosi il merito, confucianamente inteso. Le posizioni di leadership andrebbero quindi assegnate ai membri più capaci e virtuosi della comunità, attraverso il meccanismo degli esami: una sorta di élite che poggerebbe però sull'eguaglianza di opportunità nell'accesso agli studi.
In pratica si tratterebbe di un sistema misto: la "nostra" democrazia per alcuni ambiti, la meritocrazia per altri. Su questioni come la distribuzione delle terre ai contadini o i livelli salariali nelle fabbriche, i diretti interessati avrebbero voce in capitolo (più di quanta ne abbiano oggi). Su temi come la politica estera e la protezione ambientale - che riguardano anche i non elettori - i neoconfuciani ipotizzano la creazione di una "camera del merito" dove deputati selezionati attraverso il meccanismo degli esami rappresenterebbero interessi più universali.Come è possibile valutare le virtù confuciane - senso della collettività, flessibilità, umiltà e compassione - attraverso gli esami? Secondo il principale pensatore neoconfuciano, Jiang Qing, la selezione dovrebbe creare il contesto e il "vocabolario morale" delle successive azioni politiche. In seguito, il candidato dovrebbe essere giudicato, una volta in carica, sulla base dei suoi atti pratici. Gabrielle Battaglia fonte Peacereporter
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